Ho camminato per le strade di mezzo mondo, protocollato domande senza francobollo. Sogna bene, impara il giusto e rivolgiti sempre al tuo cuore. Buongiorno, avrei bisogno di fare: realizzare quell’impeto che fin da sempre, mi trascina in creazioni che volano lontano dal grigio, varcano notti senza tempo, imprimono sigillo che scuote vento, sono nutrimento per lo svolgimento. Anche se non arriverò a destinazione, il viaggio è stato premeditazione, mi ha aiutato a comprendere l’illusione, poggiare mano senza confusione su un punto fermo. Sembra che il fallimento sia l’origine del pentimento, anche se in rare circostanze si ritrova l’ardito salvamento di non essere stato frangivento. Ho bussato, raccontato, spiegato, cercato di rendere visibile quel seme che custodisce antica radice, folta e chiara era la superfice. L’equazione che si ritrova, è il tentativo di sottrazione della dignità a favore di una vacua vanità. Salotti, congressi, ricerche e manifesti, profumi, cravatte e tacchi che scendono le scale, rigorosamente color sale.
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Aveva l’anima a pezzi e il cuore in disuso. Entrò in quella stanza per scappare dal rumore di un mondo che le si sgretolava sotto ogni passo. Gli occhi bagnati dalle lacrime, la voce rotta dal pianto, il respiro scandito da un’altalena di emozioni. Si sarebbe mai perdonata? Nel buio di quella stanza una voce cercava una risposta. Sarebbe mai arrivata quella risposta? In un gioco di ricordi e rimorsi, dove i rimpianti avevano scalzato via i sogni di una vita, ecco riaffiorare i momenti più importanti che avevano disegnato il suo destino. Le stavano presentando il conto? Amori, amicizie, lacrime e gioie danzavano in quella stanza soffocando pian piano i suoi respiri. Le mani tremanti, i passi decisi e sicuri, i battiti ora veloci bramavano il silenzio. Lo avrebbe fatto davvero? Ne avrebbe avuto la forza o si sarebbe perdonata per non essere diventata ciò che aveva sempre creduto di poter essere. (Cristina Cocuzza)