Mi trovavo in un Convento a San Giovanni Rotondo, ero in pellegrinaggio con la compagnia della parrocchia, un viaggio improvvisato e sentito. Un pomeriggio scesi in cortile e incontrai un sacerdote bislacco, profondo e leggero. Dopo breve parola, intenso affetto, entusiasti dell’incontro, abbracciati in preghiera, mi volle donare un raro testo chiedendomi di andare a trovare un caro anziano amico del seminario. Mi consegnò Il Poema dell’Uomo Dio, precisamente il terzo volume di tre, circa settecento pagine scritte da Maria Valtorta in letto di morte. Ci riabbracciamo e felice mi ricordò che al mio rientro in Sicilia sarei dovuto andare dal suo caro amico che risiedeva in una Chiesa arroccata ai piedi di Acireale. Avevo ventisette anni, un vespone grigio e tanti sogni, ero affamato da potermi permettere di viaggiare nel tempo attraverso quelle pagine così dolci e piene di candore. Ieri sera parlando con la Zia José, che giustamente mi rimproverava come mai non gli avessi fatto gli auguri di Pasqua, mi è tornato in mente un racconto di Gesù che paragona il cuore alla terra, e il dolce rimprovero l’ho sentito come rendere il cuore ancora più fertile. Oggi a distanza di vent’anni comprendo quell’ultimo testo da me letto, come l’iniziazione all’etere. / La Pietra d’Ingresso, La profondità di due rette connesse all’Universo, Alba Tramonto Mondo saturo di tessuti, Intelligenza Collettiva.
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Dipingo ciò che sento, sento ciò che dipingo, attraverso la pittura, decodifico ciò che non riesco a vedere ma a sentire. La dimensione è quella del pensiero, pensiero che non si immerge sul commercio di notizie, ma sull’orizzonte di una scintilla che è nata per amare. (Primavera)